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La voce dei pastori


La Murgia dei pastori è ora come un gigante avviluppato da lacci grandi e piccoli nei quali disperatamente si dibatte: senza uscirne, senza morirne. … Amenoche’ … l’agricoltura e la pastorizia Murgiana non risorgano su basi più moderne ….”. Bianca Tragni 3-3-1987.

Qualche mese fa, alla fine di una mia visita alla Pinacoteca di Bari, curiosando nel bookshop del museo, ho trovato , tra le pubblicazioni esposte, un piccolo libretto , quasi una brochure, testimonianza di una mostra itinerante realizzata nel 1987 dal gruppo ricerca fotografica di Bari e curata dalla Pinacoteca Provinciale.
Il documento fotografico, accompagnato dal commento della prof.ssa Bianca Tragni, sprigiona una rara poesia che anticipa di anni l’attuale sentire.
Il lavoro testimonia gli ultimi momenti di vita di una cultura che si fondava sulla pastorizia e sulla pratica della transumanza. Attività che, nel tempo, sono andate progressivamente spegnendosi per le precarie condizioni di vita delle persone impiegate in questo settore economico ma, soprattutto, a causa della crescente concorrenza delle carni, del latte e delle lane di provenienza estera e degli alti costi imposti per la gestione delle greggi.
Leggendo il commento della Prof.ssa Tragni, che da’ voce a un mondo volutamente dimenticato, mi sono ritornate in mente non solo le chiacchierate fatte con gli operatori agricoli e zootecnici che vivono nei territori della Murgia e in quelli che si trovano a cavallo tra la Puglia e la Basilicata ma anche le relazioni di studiosi e ricercatori del settore. Purtroppo oggi, questi temi non trovano facilmente spazio nei media e nelle rassegne stampa nazionali e non si dà ascolto alle persone rimaste a svolgere questa attività.
Eppure questa terra e queste popolazioni sono state degne dell’attenzione nazionale quando, tra gli anni ‘50 e ‘70, lo Stato varò la riforma agraria in conseguenza dei moti dei lavoratori agricoli che, spinti dall’ indigenza in cui versavano, chiedevano lavoro e condizioni di vita dignitose. Gli atti più evidenti furono la distribuzione ai braccianti di piccoli fondi sottratti al latifondo e ai boschi demaniali e l’edificazione, per questa nascente classe agricola, di nuovi luoghi di residenza (i borghi di fondazione) . Il successo di questa iniziativa fu, purtoppo, in molti casi vanificato dall’emigrazione verso le regioni industrializzate del nord Italia e del centro Europa.
Queste sono tra le concause dell’attuale desertificazione umana dei territori, del conseguente abbandono dei campi, della distruzione del paesaggio, del degrado conseguente alla mancata cura dell’uomo, dell’abbandono dei tratturi e dei tratturelli che furono un tempo importanti vie di comunicazione.
Queste ed altre motivazioni spiegano la distruzione di un’economia che oggi reinterpretata e reinventata alla luce delle attuali conoscenze e tutelata potrebbe rappresentare la rinascita dei territori rurali.

filmato dell’08/2020. Il gregge oggi non esiste più: l’allevatore ha abbandonato questa attività.

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