Riflessione n.1
Ho deciso di tenere traccia delle riflessioni e dei pensieri che si affollano nella mia mente durante la lettura del preziosissimo libro di Vito Teti “quel che resta”. La lettura del testo mi permette di mettere ordine in una serie di idee, intuizioni, sensazioni che, negli ultimi quattro anni, si sono via via insinuati nella mia testa e che stanno cambiando profondamente la mia percezione della società che ci circonda e le convinzioni su cui ho basato il percorso della mia esistenza.
Riflessione n.1 (8/9/17)
“Oggi, in un clima economico, sociale, culturale profondamente mutato, dopo il crollo delle ideologie, la crisi della modernità o di una modernizzazione selvaggia, la quasi scomparsa della fabbrica e della classe operaia, forse, bisogna riconoscere i meriti di chi si è rivolto a quello che restava, senza pensare che si trattasse di fantasmi di cui liberarsi … Una nuova generazione di scrittori, studiosi e artisti guarda al Sud come a un luogo reale e non mitico. Le nuove generazioni hanno dimostrato una capacità di resilienza e di elaborazione di soluzioni e progetti di ritorno inediti. La nostalgia positiva, costruttiva dei rimasti può essere sostegno a nuove pratiche di innovazione, inclusione e mutamento. ” (Vito Teti – quel che resta)
Queste parole rimandano, nella mia limitata esperienza, a volti di giovani e anche di persone che giovani non sono più che ho recentemente incontrato nelle occasioni più diverse (ai colloqui di Martina Franca, al festival della paesologia di Aliano, a Gravina in Puglia e nelle sue campagne, a Irsina, a Bari, a Andria, a Campi Salentina, a Matera) e che si aggiungono agli storici amici del liceo e a quelli che ho recentemente conosciuto in una cena serale in una sera al “mare culturale urbano” di via Gabetti.
Loro mi parlano delle loro speranze, dei loro ideali e dei loro progetti. L’entusiasmo che emanano è terribilmente contagioso e mi induce a pensare che un futuro diverso non solo è possibile ma deve essere obbligatoriamente ricercato.